Ci sono storie che sanno di te, delle tue sfumature, delle tue emozioni e che hanno le tue forme. Sono le più rare perché quasi mai sei tu a raccontarle. Ci avete mai fatto caso che quando eravate piccoli, per esempio, c’erano storie che raccontate da alcune persone avevano un tocco davvero personale? Io me lo ricordo ancora quando mia nonna mi raccontava del suo primo e unico amore: il nonno. Il sapore che ha avuto il primo incontro, migliore di quello dei principi e delle principesse raccontato nelle fiabe tradizionali. Il loro sì che era reale, che era rosso e sapeva di biscotti al cioccolato. Non è mai stata una storia con il lieto fine, ma la posso ancora percepire l’emozione di mia nonna nel raccontare il loro primo bacio, le litigate, le avventure e degli occhi di lui, gli stessi per i quali, lei, ha abbandonato il suo mare per navigare nell’oceano più bello che avesse mai visto.

Ed è proprio in quegli anni che ho scoperto la passione per le storie, di quelle autentiche e originali. Non mi sono mai interessate le parole di un interlocutore diverso dal protagonista, perché in fin dei conti, come possono gli altri raccontare qualcosa che non hanno vissuto sulla propria pelle? Come posso fidarmi di frasi mai dette, immagini mai viste ed emozioni mai provate? Conosco persone che sono succubi delle proprie trame perché raccontate da altri: storpiate, amplificate, sminuite e sfigurate. Sono state così tanto interpretate che non sanno più di niente. E, inevitabilmente, i tuoi giudizi e i tuoi commenti irrompono senza pietà nell’identità di quella persona che, nell’angolo più umido, neanche riesce più a difendersi dalle parole affilate che gli vengono cucite addosso. Ciò che però più ci sfugge sono le conseguenze dell’usurpazione di una storia. I danni collaterali sono immensi: avete presente il cattivo dei racconti che in realtà alla fine si scopre buono? Ecco succede questo alle persone quando vengono derubate della propria storia, succede che non sono più padroni della loro identità e, alla fine, forse per stanchezza, si lasciano dipingere come le figure distorte che non rappresentano. Si è sempre usato il modo di dire vendere l’anima al diavolo per identificare l’assoluta privazione della morale e dei sentimenti di un uomo, ma hai mai provato a essere privata della tua storia? Cosa ti resterebbe da raccontare?

E infine conosco persone che si incastrano inevitabilmente con storie di terzi, e a volte il loro è un finale senza il vissero felici e contenti, di quelli che ti lasciano l’amaro in bocca e il respiro spezzato. Ma poi succede che ti innamori di quelle storie un po’ incasinate, intrinseche di sbagli e deformate dagli errori. E ti entrano dentro, nella profondità vibrante della tua anima, come se fossero l’acqua dissetante dopo ore sotto il sole, segnandoti irrimediabilmente. Solo così ti rendi conto che non importa quanto la tua storia possa essere scomoda, dolorosa, sbagliata e piena di rimpianti. È la tua, è marchiata dalle tue lacrime, dai tuoi sorrisi, dal tuo ossigeno, e per questo merita di essere raccontata solo da te e da nessun altro.
Perciò ora siediti e raccontami un po’ di te.

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